Carezze leggère

di Chiara Bertora

In una delle classi che frequento abitualmente.
Una bambina torna sconsolata a posto dopo la correzione del quaderno di inglese; resta corrucciata per l’intero intervallo. A timida richiesta, mi risponde: “Guarda qui, come sempre non sono capace di fare niente: 4 errori (su un numero gigantesco di esercizi, ndr)”.
Un suo compagno, appena riceve la correzione, si volta e con un sorriso largo e pieno, annuncia orgoglioso: “Solo 9 errori!”.

In un’altra classe.
Di ritorno dalla piscina, una bambina piange disperata, a lungo. Nella sua borsa mancava il cambio della biancheria intima e lei si trova momentaneamente sprovvista di un indumento indispensabile. Teme che lo sguardo degli altri possa indovinare questo suo motivo di imbarazzo. Non c’è modo di consolarla, fino a quando la mamma non porta a scuola il pezzo mancante.
Nell’intervallo, una compagna, mentre giochiamo insieme, mi guarda, scosta per un secondo l’elastico dei leggings e scoppia a ridere nel rivelarmi che anche a lei manca quello stesso indumento.

Prezioso mettere a fuoco che:
-lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi si accende, nelle nostre vite, davvero molto presto
– se quello sguardo è una carezza leggera ti porterà a ridere delle tue buffe disavventure, a gioire di tutte le tue cose giuste, ad approvarti con intima indulgenza senza bisogno che lo facciano né un numero né lo sguardo altrui
– i nostri peggiori detrattori, coloro che appesantiscono i nostri passi, siamo potenzialmente noi stessi: tanto vale provare a stringere una buona amicizia; se non si ha avuto la fortuna di farlo da subito, meglio comunque cominciare.

Durante un esercizio di matematica, una collega ha detto ai bambini, per motivarli a proseguire in un’impresa che li scoraggiava, che un giorno sarebbero stati loro ad insegnare a noi grandi. Non solo mi sono detta che quella collega, forse senza dargli troppo peso, stava dicendo una cosa profondamente vera, ma che quel giorno è già abbondantemente arrivato.

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